Meno imprese abbassano le saracinesche, ma rallentano anche le nuove aperture, questa la sintesi del primo trimestre 2018, che come da tradizione, chiude con un saldo negativo di – 249 imprese (-0,34%). Tra gennaio e marzo si è verificato un calo delle iscrizioni (1.527) rispetto al medesimo periodo del 2017 (1.635); analogamente anche le cessazioni (1.776) sono diminuite rispetto al primo trimestre dell’anno precedente (1.851). In conseguenza di queste due dinamiche, lo stock delle imprese salentine a fine marzo si è attestato a 72.714 imprese di cui 17.516 artigiane. Il segno rosso ha caratterizzato tutte le province italiane con poche eccezioni, tra cui la provincia di Brindisi che ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un saldo positivo pari a +21 imprese (0,04%). Nella graduatoria regionale subito dopo troviamo Taranto con -46 aziende (-0,09%), Bari -266 (-0,18%), Lecce e infine Foggia che realizza il peggior tasso di sviluppo della regione (-0,41%) con -301 imprese.
“Il dato delle iscrizioni del primo trimestre del 2018 - commenta il presidente dell’ente camerale Alfredo Prete - è il più basso dei corrispondenti trimestri dell’ultimo decennio, con l’unica eccezione nel 2016, anno in cui le iscrizioni sono state 1.516. Probabilmente, pur in presenza di timidi segnali di ripresa dell’economia italiana, le condizioni del mercato non sono ancora tali da spingere i salentini a intraprendere progetti imprenditoriali. Anche se è ormai prassi consolidata che il primo trimestre dell’anno si chiuda con un saldo negativo, poiché le chiusure di fine anno vengono contabilizzate nel mese di gennaio. Da sottolineare la scelta da parte dei neo imprenditori salentini, ma non solo, della srl semplificata come veste giuridica da adottare per avviare piccole attività familiari con l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi: tra gennaio e marzo il saldo delle srl “light” è stato di ben 274, su un totale di 294 società di capitale. Tale formula, però, sconta una struttura piuttosto rigida (non è possibile adottare uno statuto ad hoc ma solo quella stabilito dalla legge uguale per tutte) e una bassa capitalizzazione (è previsto un capitale da uno a 9.999 euro), aspetto quest’ultimo che non agevola certo l’accesso al credito, poiché le banche difficilmente danno fiducia a società con capitali non adeguati, concedendo loro finanziamenti e affidamenti di cassa”.
